Ho chiesto ad Angelo Frascella in quale modo lui scelga e definisca l'ambientazione delle sue storie.
Questo è ciò che mi ha risposto.
È davvero un’ottima idea partire dall’ambientazione per parlare di fantascienza. Da lettore appassionato del genere, mi ha sempre colpito il fatto che, mentre nei gialli ricordiamo soprattutto la personalità degli investigatori, nella fantascienza sono spesso il mondo e le sue regole a rimanerci più impressi dei personaggi. Se pensiamo alla Fondazione, Trantor e Terminus ci vengono forse in mente prima di Seldon. Le dune di Arrakis e i suoi vermi ci balenano davanti agli occhi assieme a Paul Atreides, e se pensiamo a Rama, possiamo descrivere nei dettagli l’enorme nave aliena, ma sfido chiunque a ricordare il nome di uno solo dei personaggi.
Ho capito il perché quando mi sono imbattuto in un libro sulla scrittura intitolato Il mondo narrativo. Questo manuale evidenzia come il mondo interiore e quello esteriore abbiano una struttura simile. Inoltre, sottolinea che, sebbene le trame siano limitate e le storie seguano, consciamente o inconsciamente, percorsi ricorrenti, ciò che le differenzia davvero è il loro mondo narrativo. È qui che risiedono la novità e l’originalità di una storia, sia che riguardi il mondo interiore dei personaggi, sia che si concentri sull’ambientazione. E proprio su quest’ultimo aspetto si fonda molta della forza della fantascienza.
Per quanto mi riguarda, ambiento buona parte delle mie storie in futuri possibili, non troppo lontani, spesso, anche se non sempre, distopici. In parte mi viene naturale preoccuparmi del mondo che lasceremo alle future generazioni, ma credo ci sia anche il desiderio di sapere come andranno le cose quando non ci sarò più. Inoltre, le ambientazioni che mi emozionano di più sono spesso quelle conflittuali. È vero che amo un autore positivo come Asimov, ma mi affascinano anche i mondi dissonanti di Dick, le atmosfere caotiche delle città cyberpunk e, per restare in ambito italiano, il passato-presente-futuro senza speranza delle storie di Eymerich o gli ingranaggi letali del Mondo9 di Dario Tonani.
Così, ho raccontato di un mondo in cui allergie onnipresenti hanno costretto gli uomini a vivere in cupole asettiche, o di una società che, nel tentativo di costruire un sistema più giusto, han introdotto un concetto di karma che finisce per penalizzare tutti, tranne i soliti privilegiati; o di genitori che, in un futuro fin troppo fosco, decidono di sacrificare la propria integrità morale pur di salvare i propri figli.
In maniera più positiva, in Spes Ultima Dea e nel racconto L’ultimo programmatore, ambientati entrambi nello stesso mondo narrativo, ho immaginato un’Italia vincente, protagonista dello sviluppo tecnologico mondiale, tanto che molti termini inglesi che oggi invadono la nostra lingua sono sostituiti da espressioni derivate direttamente dal latino.
A volte, però, mi piace esplorare ambientazioni più surreali, quasi weird. Per esempio, in Quando scenderà la notte il punto di partenza è un misterioso ufficio, dove vite fatte solo di lavoro sembrano scorrere sempre uguali e prive di memoria. Oppure, in Autostrada R-1, due persone cercano invano di raggiungersi su strade parallele che sembrano estendersi all’infinito, ignorando le regole della fisica.
Le ispirazioni per le mie storie sono le più varie: un articolo scientifico o di attualità, una scena vista per strada, un’esperienza di vita particolare. Ciò che conta è la catena di riflessioni, emozioni e immagini che quell’ispirazione scatena. E spero di riuscire a trasmettere almeno una parte di tutto questo a chi vorrà leggere le mie storie.