Ciao, Erica. Hai scritto racconti e romanzi di vari sottogeneri della fantascienza: sociale, distopica, solarpunk, ucronica, hard. Le tue storie hanno qualcosa in comune?
Sì, è vero, mi piace sperimentare diverse sfumature della fantascienza ma credo che in tutte le mie storie ci sia un’abbondante componente scientifica, anche se ho una formazione umanistica. Mi diverto a uscire dalla zona di comfort e imparare cose nuove, soprattutto nel campo della biologia, con il risultato che i miei scritti riguardano ricercatori che hanno appena compiuto una scoperta che potrà rivoluzionare il futuro. In Fuga psicogena è una cura contro l’Alzheimer; in Degerminazione un trapianto di valvola cardiaca completamente vegetale; in Legami virtuosi un garage quantico capace di contenere infiniti oggetti inanimati; ne Il grande salto, pubblicato l’anno scorso in edicola nell’antologia Speciale Urania, un programma in grado di unificare otto tipi di intelligenze artificiali.
Nei miei racconti ci sono donne a capo di laboratori di ricerca, alcune ispirate a scienziate vere, che tentano di migliorare il mondo.
Quindi per te scrivere non è solo un modo per offrire spunti d’evasione?
Più la vita reale è angosciante, più la scrittura tenta di offrire spunti non solo di evasione ma di impegno. È successo durante gli anni della Guerra Fredda, con la paura dell’ecatombe nucleare, e sta succedendo di nuovo. Come avrai notato, non ci sono mai stati tanti autori italiani di fantascienza come in questo periodo. Purtroppo non godono di tutta l’attenzione che meritano, quindi ben vengano le iniziative come #marzoMarziano.
Io cerco di stare al passo, di mutuare idee fuori dal mio orticello; in fondo molti scrittori mainstream si appropriano di idee fantascientifiche… perché io non posso fare altrettanto, al contrario? Ho un debole per il thriller e i miei ultimi lavori hanno preso quella forma, anche se non digerisco la violenza estrema e gli abusi sulle donne.
Mi puoi anticipare la tua prossima pubblicazione?
Ho appena firmato un contratto per Il sonno del futuro, romanzo arrivato in finale al Premio Urania, che è una specie di eco-tecno-thriller. Come vedi, adoro le contaminazioni. Parla di cellulosa commestibile, sonno indotto e fisica quantistica. Quello che mi interessa non è fare sfoggio di termini astrusi ma indagare l’animo umano e le sue reazioni di fronte alle scoperte tecnologiche che lo coinvolgono a ritmo incessante.
Se posso aggiungere un’ultima cosa, di recente ho iniziato a scrivere racconti di fantascienza climatica. Non è semplice ma il destino degli ecosistemi è un argomento che mi sta a cuore.
Grazie per l’opportunità e a presto!